L'altrove della mancanza nelle relazioni di esistenza. Heidegger, Lacan, Sartre, Lévinas
- Autore/i.................: Squeo Fabio
- Anno Edizione......: 2017
- EAN.........................: 9788869343070
- Editore....................: Bibliotheka Edizioni
- Collana...................: Reti
- Pagine.....................: 64
10,00 €
Tasse incluse
Le cose esistono perché sono finite, cioè perché hanno una propria de-finizione particolare, perché sono caratterizzate da certe determinazioni, perché sono vincolate da confini che fanno sì che ognuna sia differente dalle altre. Ognuno, però, nel corso dell'esperienza di vita, di formazione personale può assegnare al proprio limite, alla propria finitezza, un senso, un valore, laddove la vita non te lo dà. Purtroppo, il valore della vita non precede la vita, e il senso che si dà alla vita non è della vita, ma di chi vive, sopravvive. Il senso della vita è nel testimone, nel superstite, in colui che c'è stato, finché c'è stato. Vivere non è entrare in una condizione di scelta, ma incontrarsi in una scelta assoluta, in un contesto che io non ho scelto. Lo scenario esistenziale della scelta, della finitudine, rientra nella prospettiva esistenzialistica. Una corrente filosofica contemporanea che si afferma in Europa appena dopo la prima guerra mondiale, si impone nel periodo tra le due guerre e si espande sino a diventare una moda soprattutto nei due decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Gli esistenzialisti come Jean-Paul Sartre, Martin Heidegger, Jacques Lacan, Emmanuel Lévinas considerano l'uomo come un essere finito, gettato nel mondo, continuamente lacerato in situazioni problematiche. L'esistenzialismo è la filosofia della problematicità del soggetto nel suo rapporto con se stesso e con il mondo. Per gli esistenzialisti, l'uomo è costitutivamente aperto al mondo, incompleto, proiettato fuori di sé. C'è in lui un niente, una fessura nell'essere, suscettibile di ricevere gli oggetti del mondo. Ecco che l'uomo avverte il bisogno, il desiderio di colmare questo vuoto dandosi "senso", fabbricandosi, aprendosi alle relazioni, un senso che non ritroviamo marcatamente in noi stessi, ma attraverso l'incontro con l'altro, aprendoci ad un'etica della differenza, ad un'etica dell'alterità.
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